“L’arte di vivere come fratelli”, un concetto di M.L. King, sembra espresso molto bene nel mondo virtuale, dove tutti sono connessi con tutto e tutti, dove la libertà di espressione è più veloce della fibra, come a voler supporre che ormai le distanze geografiche siano tramontate.
Eppure sotto la punta di un iceberg in cui si trovano cose molto utili, ci sono alcuni strati di una struttura che sono fuori controllo e che possono fagocitare anche quanto di propositivo costruito.
Le relazioni virtuali, prive di remore, incoraggiate dalla mancanza visiva ed empatica dell’altro, possono trasformarsi in modo brutale in violenza verbale e psicologica. Ciò che sconvolge, in un attacco che avviene tramite social, è la mancata consapevolezza delle conseguenze, in primis normative e poi sociali e psicologiche, per la vittima ma anche per l’aggressore. La difesa delle proprie azioni risulta a volte estenuante perché si cerca di provare che si sia solo scherzato, che nulla nel web possa ledere davvero perché, appunto, virtuale, quindi non reale, non serio. L’inversione delle colpe attiene sia a questa modalità di pensiero sia alla morale costruita in particolar modo sul corpo femminile. Per cui, se il cyber attacco, ad esempio, attiene alla diffusione seppur senza consenso di foto o video di nudo femminile, la colpa e la vergogna ricadono sul “corpo”, non sull’aggressore. La spersonalizzazione fa sì che non si provi empatia per la persona e che ci si accanisca su quel corpo o porzione di corpo nudo che circola in modo virale e senza sosta. Lo stesso stigma lo si ritrova verso ogni tipo di minoranza, che attenga alla pelle, alla diversità o all’orientamento sessuale. Il che fa luce su quanto la cultura e la società influenzino il modo di relazionarsi più o meno violento contro categorie specifiche, non persone in quanto tali.
Il “cyberspazio” è senza regole?
La legge ripudia ogni atto lesivo, lo reprime ma offre anche la possibilità di prevenire perché lo scopo primario del diritto risulta essere proprio l’attività preventiva, per evitare quella coercitiva. Fermamente, porto come vessillo la prevenzione giuridica in scuole e comuni e associazioni dall’inizio del mio percorso lavorativo ma non posso esimermi dall’illustrare in ultima tappa a cosa si vada incontro quando si sovverta l’ordine costituito anche nel mondo virtuale, con i cyber attacchi elencati nel corso di questa rubrica.
Il codice penale oltre a fornire fattispecie giuridiche dalle quali attingere, nel corso degli anni ha creato fattispecie ad hoc per l’inasprirsi del cyberbullismo. Al suo interno, quindi, oltre ai reati di minaccia (612 c.p.), ingiuria (594 c.p.), diffamazione (595 c.p.), istigazione al suicidio (580 c.p.) ed estorsione (629 c.p.), ha costruito nuove norme che regolamentano lo stalking (612 bis c.p.) e il revenge porn (612 ter c.p.). Le pene previste sono multa e reclusione, che variano in base all’età di aggressore e vittima e in base alla gravità del fatto commesso. Per i minori il Tribunale competente è quello minorile e dovendosi tener conto della minore età le pene mutano e variano in base alla capacità di intendere e volere prevista dal codice penale agli articoli 85, 97, 98. Nel caso di non imputabilità a causa dell’età del minore, dal punto di vista penalistico, subentra il codice civile ex art. 2043 con l’esigenza di riparare il danno ingiusto, con un risarcimento. Responsabilità della quale andranno a rispondere anche i genitori del minore cyberbullo. I genitori andranno poi a rispondere per l’illecito del figlio per culpa in educando. Non si chiede di provare di non aver potuto evitare l’illecito ma di aver impartito una buona educazione e di aver vigilato in conformità alle condizioni famigliari, sociali, all’età e all’indole. Fino ad eventuale prova liberatoria genitori e figli concorrono solidalmente quali responsabili del fatto nei confronti della vittima. Per culpa in vigilando rispondono invece dirigente scolastico e insegnanti, nel qual caso il fatto si verifichi a scuola. Ci si riferisce al dovere di sorveglianza che persiste, ad esempio, anche nel periodo di assenza a causa dei cambi dell’ora, per i quali deve subentrare il personale ATA.
Giurista specializzata in bullismo e cyberbullismo, formatrice in scuole ed enti. Appassionata di lettura e scrittura. Fonda il suo credo professionale sul brocardo plutarchiano “la Mente non è una nave da caricare ma un fuoco da accendere”