“I ragazzi di oggi continuano perlopiù a studiare le stesse materia affrontate dai loro genitori trenta o quarant’anni fa. Nel frattempo il mondo, compreso quello del lavoro, al quale l’istruzione deve prepararci si è completamente trasformato“. L’introduzione del libro “Educare ai nuovi media” di Paolo Celot, Roberta Franceschetti ed Elisa Salamini parte da questa riflessione per proporre un percorso (o meglio diversi percorsi) di cittadinanza digitale. Percorsi che possono accompagnare gli ultimi giorni di vacanza prima del rientro a scuola.
Perché educare ai nuovi media?
Perché, vi sarete chiesti, c’è bisogno di educare all’uso di strumenti digitali che i nostri ragazzi e le nostre ragazze conoscono già? Perché noi genitori e insegnanti dovremmo spiegare cose che pensiamo i giovani conoscano meglio di noi? L’equivoco sui nativi digitali parte proprio da qui. E ha creato un vuoto di conoscenze e competenze di cui i bambini, le bambine e gli adolescenti hanno invece bisogno.
“I media – si legge nel libro – sono strumenti straordinari per imparare, per aiutarci a crescere come persone e per diventare cittadini attivi delle comunità delle quali facciamo parte. Questo, purtroppo, succede raramente. Siamo abituati piuttosto ad assistere passivamente al flusso delle informazioni che ci si parano davanti, e siamo ignoranti in merito alla profonda influenza che esercitano su di noi”.
Perché questo è un libro per insegnanti?
Perché contiene diversi spunti grazie ai quali poter costruire attività didattiche in classe.
Perché spiega (e suggerisce come trasferire il concetto ai ragazzi) quanto la “media literacy costituisca una condizione necessaria per l’esercizio della cittadinanza digitale pere la partecipazione dei cittadini al processo civico e democratico“
Perché “l’insegnamento della cittadinanza digitale deve aiutare gli studenti a utilizzare la tecnologia e i mezzi di comunicazione in modo efficace per accrescere le conoscenze e la consapevolezza non soltanto dei rischi ma anche delle opportunità a disposizione, per comunicare con sicurezza e per il loro benessere“.
Perché “data la plasticità del nostro cervello, è facile presumere che anche l’uso delle nuove tecnologie modificherà il nostro modo di pensare e apprendere“. E sarà, pertanto, necessario modificare il modo di insegnare
Perché questo è un libro per genitori?
Perché “alcuni autorevoli studiosi di comunicazione hanno da tempo rilevato possibili effetti negativi derivanti dall’esposizione e dall’utilizzo dei media, responsabili di indurre falsi bisogni e funzionali a esercitare un massiccio controllo commerciale e sociale“. Un rischio che non può essere evitato vietando il ricorso a strumenti che abbiamo tutti in tasca, bambini e bambine compresi.
Perché per sopravvivere alla disinformazione alla quale siamo quotidianamente esposti (adulti e ragazzi, ndr) “occorre un’attenta azione educativa che sviluppi l’atteggiamento critico dei ragazzi e insegni a captare i segnali e riconoscere le notizie non fondate, a essere meno dipendenti dai social e moltiplicare le fonti di informazione, anche offline“.
Perché “i videogiochi sono uno dei media più frequentati da bambini e ragazzi. E’ importante quindi che insegnanti ed educatori ne conoscano le dinamiche di mercato, i linguaggi, gli orizzonti simbolici e narrativi, soprattutto per educare i giovani alla loro lettura“.
Una frase del libro da tenere in tasca
“Essere capaci di utilizzare al meglio internet, smartphone, console e televisione significa riappropriarci di questi strumenti per usarli a beneficio nostro e del mondo globale al quale apparteniamo. Significa anche riconoscere come le nostre percezioni e scelte personali siano influenzate da disinformazione e propaganda in modo da adottare comportamenti nuovi e più adeguati“.
E' analista, programmatrice e formatrice. Giornalista per passione, scrive quasi esclusivamente di tecnologia. Ma prima o poi cambierà tema. O forse no.