Il Trentino, in particolare la Val di Non, è conosciuto in tutto il mondo per la produzione di mele.
Per scoprire come si è evoluta la produzione, bisogna fare un salto nel passato, prima della seconda guerra mondiale.
A cavallo tra Ottocento e Novecento, prima dello sviluppo della frutticoltura, la zona Anaune della Val di Non è stata interessata da un’ intensa attività economica basata sul ciclo produttivo della seta, che ha consentito la sopravvivenza di buona parte dei paesi.
Nei primi anni del Novecento la principale attività frutticola era incentrata sulla coltivazione dell’uva, del pero e poi del melo. La popolazione anaune iniziò così a dedicarsi alla produzione intensiva di questi frutti, anche grazie alla nascita delle prime cooperative sociali che favorirono lo sviluppo del settore viti-vinicolo ed agricolo.
La costruzione degli acquedotti e l’adozione da parte degli agricoltori di nuovi macchinari (come per esempio l’irroratrice e i primi trattori per trasportare i frutti) permisero agli agricoltori di ridurre i tempi e lo sforzo nel lavoro.
Lo sviluppo degli impianti di irrigazione, inoltre, favorì l’ampliamento dei frutteti con una coltura più intensiva.
Negli anni Cinquanta si introdusse l’irrigazione a pioggia e si iniziarono a coltivare le mele Golden, che in pochi anni, rispetto alla varietà Renetta del Canada, ha permesso la messa in produzione della pianta già dopo i 3-4 anni di vita rispetto ai 15 necessari alla piena produzione dei meleti di Renetta.
Il boom della mela è da collocarsi quindi tra gli anni ’60 e ’70 del ’900.
Col passare degli anni fiorirono i nuovi consorzi frutticoli e anche le nuove varietà di mela che favorirono il boom del commercio di questo frutto in Val di Non e permisero la sua esportazione prima fuori dal Trentino, poi in Europa e in tutto il mondo.
Con la nascita di Melinda, nel 1989, si consolidò in Val di Non una vera e propria “industria” della mela, che grazie a questo tipo di cooperazione ha permesso alla valle di valorizzare il suo prodotto al meglio.