Musei e videogiochi: se all’origine erano due mondi che si guardavano da lontano con sospetto, sempre di più negli ultimi anni sono entrati in stretto contatto. Già a partire dal 2000, si sono dedicate numerose mostre al tema, ma soprattutto l’istituzione museale ha sempre più bisogno di mantenere un contatto saldo con il proprio pubblico attirando anche nuovi target.
A questa necessità risponde il mondo dei videogiochi che ad oggi conta un numero di giocatori intorno ai 2,2 miliardi, un enorme bacino di possibili nuovi visitatori catturati da prodotti basati sul concetto di edutainment: l’unione di educazione e divertimento per imparare attraverso il gioco.
Non solo videogiochi ispirati alle opere d’arte, progettati da artisti o ambientati in epoche lontane ma commissionate dagli stessi musei per i musei grazie anche al fatto che la diffusione di dispositivi, primo tra tutti lo smartphone, permette un gioco più facile e accessibile che consente di trasmettere messaggi e contenuti, rendere l’esperienza educativa del pubblico più ricca e coinvolgente.
Le prime sperimentazioni si hanno soprattutto all’estero nel mondo anglosassone ma anche in Italia si è creato un ambiente dinamico con uno degli esempi di maggior successo nel gioco Father and Son, lanciato nel 2017 dall’Associazione Culturale TuoMuseo su commissione del MANN, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Gioco narrativo in 2D, è il risultato della collaborazione tra game designer, studiosi e storyteller che racconta la storia di Michael, di cui il giocatore veste i panni, giovane figlio di un archeologo del museo. Il figlio non ha mai incontrato il padre ma un giorno riceve da questi una lettera che lo porta in viaggio tra le strade di Napoli e le sale del museo, alla scoperta di qualcosa in più sulla vita del padre, sui suoi insegnamenti, sui personaggi storici incontrati lungo il percorso e anche su se stesso.
Il videogioco ha avuto un enorme successo sia in Italia ma anche e soprattutto all’estero, ottenendo quasi 5 milioni di download dalla sua pubblicazione. Questo a dimostrazione che per creare un gioco che funziona è necessario un’interdisciplinarietà: da un lato persone che si occupino della parte tecnica e pratica e dall’altro persone capaci di creare una storia credibile, ricca di contenuti e strettamente connessa con il museo che nel gioco di Father and Son non è solo il luogo di ambientazione ma elemento centrale. Infatti, per sbloccare alcuni livelli e contenuti extra e poter terminare il gioco è necessario recarsi al museo da cui ci si localizza, integrando l’esperienza fisica con quella virtuale.
Father and Son è quindi la prova, come spiega Paolo Giulierini, direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, di come “il MANN utilizzi le tecnologie del presente per raccontare in modo sempre più coinvolgente e innovativo il passato”.
“Oggi – continua il direttore – la gamification è una delle forme più interessanti che ci vengono offerte per la divulgazione del patrimonio e rientra perfettamente in quella filosofia che, come ci ha mostrato anche la stagione del Covid, diventerà naturale per tutti i musei: equiparare la comunità fisica con quella digitale, trattarle allo stesso modo, in funzione più inclusiva che alternativa”.
In conclusione, i videogiochi possono essere quindi un utile strumento ludico e pedagogico per promuovere e diffondere il patrimonio e aprirlo alle nuove generazioni.